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Roma, quartiere africano. Durante un incontro tra genitori e insegnanti di una scuola materna relativa al festeggiamento della ricorrenza del papà e della mamma, le maestre, sentito anche il parere di una psicologa del Comune, propongono «di intitolare le due feste non a figure genitoriali ma alla Famiglia nel suo insieme», oppure di organizzare «una festa per la primavera». Motivo? In classe c'è un bimbo che ha due mamme.
In questo articolo non voglio addentrarmi nella questione specifica se partire da una domanda interessante, posta da un mio caro amico:
Per quanto mi riguarda, io non vedo la necessità di mettere in discussione la festa del papà o la festa della mamma cercando soluzioni creative quali la festa della primavera, della famiglia o della persona speciale. Per un semplice motivo. La vita è un'esperienza unica che può declinarsi in tanti modi: può essere fantastica, triste, tragica, dolorosa, romantica, noiosa, deprimente, sociale, asociale, di successo, piena di vittorie o di sconfitte, spirituale o razionale, filosofica o esoterica, in famiglia o da single, nella salute o nella malattia, nel vigore o nella disabilità parziale o totale. Quale strada può prendere la nostra vita può dipendere da molti fattori quale scelte individuali o scelte che altri hanno fatto per noi. Oppure il semplice caso se non la volontà divina.
Su questi presupposti non sarà mai possibile raggiungere un equilibrio che possa soddisfare tutti. Si possono sostituire la festa del papà e della mamma con la festa della famiglia. Che faremo allora dei bambini che una famiglia non ce l'hanno? Chi si prenderà cura di loro?
Perché allora non fare una bella festa della primavera? Ma perché rinunciare ad una ricorrenza che per molti rappresenta un momento di raccoglimento attorno alle proprie figure genitoriali? D'altronde, non è nell'interesse dei genitori, etero o omo che siano, quello di instillare nei propri figli l'importanza di essere un buon padre o una buona madre? Lo si può fare evitando sempre l'argomento?
Se dovessimo ragionare in questo modo, allora non potremmo più fare gite scolastiche o scampagnate in montagna perché magari in classe c'è un bambino disabile? Che dire delle attività sportive dei bambini?
La vita, come detto prima, è una esperienza durante la quale è difficile avere tutto. Anche alle persone più fortunate spesso manca qualcosa che magari altri hanno. In questo quadro, credo profondamente che la responsabilità principale di colmare le mancanze oggettive delle minoranze ricada totalmente sui rispettivi genitori o tutori. Nel caso specifico dovrebbero essere le due mamme, da una parte, a spiegare al proprio bambino perché non può festeggiare la festa del papà. Gli altri genitori e gli insegnanti, da parte loro, dovrebbero cercare di essere più sensibili nella definizione delle attività trovando magari delle attività alternative e spiegando, in ambito familiare, perché quel bimbo o quella bimba ha due mamme o due papà.
E' questo, credo, il passaggio fondamentale che manca. Che siano i genitori (o i tutori) a responsabilizzarsi e a prendersi carico delle proprie scelte o degli effetti che determinati eventi o scelte possono avere sui propri figli. Imporre alla maggioranza (famiglie eterosessuali) la responsabilità di trovare approcci per alleggerire dalle spalle delle minoranze (famiglie omosessuali) il carico delle conseguenze delle proprie scelte mi sembra ingiusto e irresponsabile.
Dove, quindi, si traccia la linea di demarcazione, in una democrazia, tra la tutela delle minoranze e i diritti di una maggioranza?
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Dove si traccia la linea di demarcazione, in una democrazia, tra la tutela delle minoranze e i diritti di una maggioranza? Se in una democrazia le decisioni sono prese per maggioranza perché nel nostro mondo sono spesso le minoranze a dettar legge?
Partendo da qui vorrei analizzare le varie posizioni che sono emerse nelle ultime ventiquattro ore.
Da una parte le posizioni dei genitori che sono contrari all'abolizione della festa, così come riportate da Il Messaggero e tratte da una lettera di protesta inviata all'amministrazione comunale:
"I genitori contrari a quest’iniziativa chiedono all'amministrazione comunale «che strano tipo di politically correct e tolleranza sia quella in cui, per non “discriminare” un bambino, si finisca per discriminarne 30, sottraendo loro un momento a cui avrebbero diritto». Ma anche «che tipo di pedagogia sia quella portata avanti, che si basa sul nascondimento di un principio naturale e di una verità meravigliosa e profonda, quale quella che ogni bambino nasce dall’amore e dall’unione di una mamma ed un papà»."
Dall'altra la posizione di Giuseppina La Delfa, Presidente Associazione Famiglie Arcobaleno che in un suo articolo pubblicato sull'Huffington Post Italia dice:
"Noi genitori omosessuali siamo madri o padri e non abbiamo nessuna preclusione a festeggiare i papà e le mamme, le nonne e i nonni, ecc... anzi. Ma quando una maestra fa recitare la poesia: "quanto è bello il mio papà" a un bimbo che ha due mamme, o fa fare il compito : "descrivi la tua mamma" a una bimba che ha due papà, un po' rimaniamo male!
Certo alcune maestre dovrebbero aggiornarsi un po', per lo meno. Sempre di più, grazie al lavoro di Famiglie Arcobaleno e delle facoltà di pedagogie, si fanno dei seminari di formazione sull'inclusione nella scuola. Come l'ultimo a Roma, il 28 febbraio di quest'anno: "Io non discrimino. Orientamenti sessuali e identità di genere nella scuola italiana".
Ma a volte, ce ne rendiamo conto, non è neanche omofobia, è proprio stupidaggine e assenza di sensibilità. Ora contro l'omofobia abbiamo degli strumenti ma contro la stupidaggine non ne abbiamo molti. Il problema supera le nostre competenze e la nostra buona volontà!!! Un'altra volta magari varrebbe proprio la pena di soffermarci sugli stereotipi di genere amplificati proprio durante queste "feste". Anche li, da stendere un velo pietoso."La terza ed ultima posizione è quella istituzionale rappresentata da Gianluigi De Palo, Assessore alla Famiglia, all'Educazione e ai Giovani di Roma Capitale che, come riportato da Il Messaggero, ha detto:
"«Come amministrazione non possiamo intervenire direttamente su questioni che riguardano l’autonomia scolastica ma invierò immediatamente una lettera alle educatrici e ai dirigenti scolastici, nella quale chiederò a tutti di evitare di scadere in simili prese di posizione, che hanno una valenza ideologica».
In questo modo, sostiene De Palo, «si vanno a discriminare tanti bambini, peraltro negando una verità indiscutibile: e cioè che nasciamo uomo o donna». L’assessore lancia un appello ai genitori «perché abbiano una maggiore consapevolezza, e non lascino a una minoranza di persone decisioni fondamentali per l’educazione dei propri figli»."Dalle tre precedenti posizioni traggo le seguenti conclusioni: chi sostiene che le feste del papà e della mamma non dovrebbero essere celebrate a scuola, lo fa giustificando la necessità di salvaguardare l'emotività di quei bambini che per qualsivoglia motivo non hanno uno o entrambi i genitori, oppure ne hanno due dello stesso sesso; chi sostiene invece la necessità di celebrarle comunque, chiede che la maggioranza dei bambini non venga privata di una ricorrenza considerata tradizionale da alcuni, pedagogica da altri, comunque importante per altri ancora.
Per quanto mi riguarda, io non vedo la necessità di mettere in discussione la festa del papà o la festa della mamma cercando soluzioni creative quali la festa della primavera, della famiglia o della persona speciale. Per un semplice motivo. La vita è un'esperienza unica che può declinarsi in tanti modi: può essere fantastica, triste, tragica, dolorosa, romantica, noiosa, deprimente, sociale, asociale, di successo, piena di vittorie o di sconfitte, spirituale o razionale, filosofica o esoterica, in famiglia o da single, nella salute o nella malattia, nel vigore o nella disabilità parziale o totale. Quale strada può prendere la nostra vita può dipendere da molti fattori quale scelte individuali o scelte che altri hanno fatto per noi. Oppure il semplice caso se non la volontà divina.
Su questi presupposti non sarà mai possibile raggiungere un equilibrio che possa soddisfare tutti. Si possono sostituire la festa del papà e della mamma con la festa della famiglia. Che faremo allora dei bambini che una famiglia non ce l'hanno? Chi si prenderà cura di loro?
Perché allora non fare una bella festa della primavera? Ma perché rinunciare ad una ricorrenza che per molti rappresenta un momento di raccoglimento attorno alle proprie figure genitoriali? D'altronde, non è nell'interesse dei genitori, etero o omo che siano, quello di instillare nei propri figli l'importanza di essere un buon padre o una buona madre? Lo si può fare evitando sempre l'argomento?
Se dovessimo ragionare in questo modo, allora non potremmo più fare gite scolastiche o scampagnate in montagna perché magari in classe c'è un bambino disabile? Che dire delle attività sportive dei bambini?
La vita, come detto prima, è una esperienza durante la quale è difficile avere tutto. Anche alle persone più fortunate spesso manca qualcosa che magari altri hanno. In questo quadro, credo profondamente che la responsabilità principale di colmare le mancanze oggettive delle minoranze ricada totalmente sui rispettivi genitori o tutori. Nel caso specifico dovrebbero essere le due mamme, da una parte, a spiegare al proprio bambino perché non può festeggiare la festa del papà. Gli altri genitori e gli insegnanti, da parte loro, dovrebbero cercare di essere più sensibili nella definizione delle attività trovando magari delle attività alternative e spiegando, in ambito familiare, perché quel bimbo o quella bimba ha due mamme o due papà.
E' questo, credo, il passaggio fondamentale che manca. Che siano i genitori (o i tutori) a responsabilizzarsi e a prendersi carico delle proprie scelte o degli effetti che determinati eventi o scelte possono avere sui propri figli. Imporre alla maggioranza (famiglie eterosessuali) la responsabilità di trovare approcci per alleggerire dalle spalle delle minoranze (famiglie omosessuali) il carico delle conseguenze delle proprie scelte mi sembra ingiusto e irresponsabile.
Dove, quindi, si traccia la linea di demarcazione, in una democrazia, tra la tutela delle minoranze e i diritti di una maggioranza?
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