L'attacco al Consolato USA di Bengasi (foto AFP) |
Martedì 11 settembre, le sedi diplomatiche americane in Libia ed Egitto sono state attaccate da folle inferocite. La miccia scatenante? Il trailer di uno pseudo-film che offende l'Islam burlandosi del profeta Maometto. Secondo numerosi analisti, invece, il video sarebbe solo il pretesto per mettere in atto un'offensiva dietro la quale ci sarebbe la mano di Al Qaeda.
La prima reazione di Obama agli attacchi è stata criticata e ritenuta da più parti, soprattutto sul fronte dei Repubblicani, troppo soft. Gli è stato rinfacciato, inoltre, di avere idee poco coerenti sulle questioni del Medio Oriente. Così, per dare un segnale al mondo - ma soprattutto all'elettorato - decide di inviare due navi da guerra cariche di Marines delle forze antiterrorismo di fronte alle coste libiche, e di autorizzare l'uso dei droni per stanare i terroristi.
Alle critiche di Romney, Obama risponde promettendo che gli attentatori risponderanno dei propri crimini e chiama il capo del governo libico, il neo eletto premier Shagur, e il presidente egiziano Morsi chiedendo maggiore fermezza e decisione nel garantire la protezione delle rappresentanze. A questo punto ci sarebbe da aspettarsi la mano dura con il primo più che con il secondo. Invece finisce con dichiarazioni di sostegno alla popolazione libica e molta, molta freddezza nei confronti dell'Egitto, definito da Obama "né alleato, né un nemico."
Per quanto riguarda l'Egitto, i rapporti sembrano essersi incrinati decisamente anche a causa delle dichiarazioni di Morsi il quale, nella giornata di oggi, ha da una parte assicurato la protezione territoriale delle rappresentanze diplomatiche sul suolo egiziano, ha condannato con forza ogni mancanza di rispetto al profeta Maometto parlando di "una linea rossa che non si può toccare" ma non ha usato la stessa fermezza nel condannare gli attacchi alle sedi diplomatiche americane.
Alle critiche di Romney, Obama risponde promettendo che gli attentatori risponderanno dei propri crimini e chiama il capo del governo libico, il neo eletto premier Shagur, e il presidente egiziano Morsi chiedendo maggiore fermezza e decisione nel garantire la protezione delle rappresentanze. A questo punto ci sarebbe da aspettarsi la mano dura con il primo più che con il secondo. Invece finisce con dichiarazioni di sostegno alla popolazione libica e molta, molta freddezza nei confronti dell'Egitto, definito da Obama "né alleato, né un nemico."
Per quanto riguarda l'Egitto, i rapporti sembrano essersi incrinati decisamente anche a causa delle dichiarazioni di Morsi il quale, nella giornata di oggi, ha da una parte assicurato la protezione territoriale delle rappresentanze diplomatiche sul suolo egiziano, ha condannato con forza ogni mancanza di rispetto al profeta Maometto parlando di "una linea rossa che non si può toccare" ma non ha usato la stessa fermezza nel condannare gli attacchi alle sedi diplomatiche americane.
Così, mentre in Egitto la protesta anti-americana continua (vedi video più sotto), Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani deve gestire delicati equilibri interni nel momento in cui gli Stati Uniti stanno per votare un piano di aiuti da un miliardo di dollari per sostenere la crescita dell'economia egiziana. Dal canto suo, Obama deve riuscire nel non facile compito di dimostrare che "nessun atto di terrore resterà impunito" e che "la violenza non scalfirà la determinazione degli americani."
Tutto questo con le orecchie rivolte all'opinione pubblica e lo sguardo agli interessi strategici americani nell'area.
Tutto questo con le orecchie rivolte all'opinione pubblica e lo sguardo agli interessi strategici americani nell'area.
Live Stream dal Cairo (Anadolu Agency)